Abito da sempre alle pendici di Montepellegrino, a due passi da via D’Amelio. Il pomeriggio del 19 luglio 1992 non ero a Palermo e appresi della strage dal telegiornale, riconobbi subito i palazzi, le strade, il profilo del monte; tutto era così familiare e allo stesso tempo così assurdo. Quando rientrai a Palermo e mi recai sul luogo dell’attentato, mi ritrovai a riflettere sulle minime distanze che separano quel luogo da casa mia, dalla mia scuola, dalla palestra, dalla parrocchia, era come se qualcuno si fosse preso la briga di disegnarmi in testa una nuova mappa della città, quei palazzi sventrati avevano ridefinito un centro e una periferia: il cuore pulsante della città è lì dove gli uomini coraggiosi compiono il loro dovere, perché il bene cresca per tutti e raggiunga le periferie dove dimora l’umanità fragile e sofferente.
Paolo, Emanuela, Agostino, Vincenzo, Walter e Claudio sono caduti perché avevano scelto di servire la città degli uomini liberi, ed è lì che io voglio abitare.
(testo pubblicato su "Era d'estate" a cura di Alessandra Turrisi e Giuseppe Puglisi, Ed. Vittorietti)
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